Mobile marketing, prima di partire

Gianluca Diegoli

Gianluca Diegoli

 

Di Gianluca Diegoli ti colpiscono la franchezza e la capacità di sintesi, soprattutto parlando di concetti che richiederebbero ore ed ore di approfondimento. Parliamo di Mobile marketing e del suo ultimo libro sull’argomento, soprattutto di APP che funzionano come piante ornamentali…

 

Ciao Gianluca, ti va di raccontarci qualcosa su di te e sul tuo lavoro?

Il mio lavoro consiste essenzialmente nel collegare obiettivi e strumenti, nell’interpretare i bisogni dell’azienda e calarli in un ambiente competitivo in cui il digitale comincia a diventare il paradigma di riferimento (ma valorizzando anche gli asset fisici con il digitale stesso). Quindi dalla domanda inutile “devo fare un sito, un’app, un ecommerce?” a un percorso che porti il marketing manager o l’amministratore delegato a capire il percorso strategico e a supportarlo in azienda.

 

Nella tua carriera lavorativa hai mai commesso uno di quegli errori che ti hanno fatto capire che era il momento di cambiare qualcosa?

A’ voja! Tanti. Quello che mi ha convinto che forse dovevo fare il consulente indipendente, il freelance, il libero professionista – anche se dentro rimango irrimediabilmente uomo d’azienda – è stato quando mi è stata negata una promozione che ritenevo inevitabile. Ma non sono abbastanza “politico” per la carriera in azienda. L’altro quando ho provato l’agenzia. No, grazie, voglio lavorare solo per chi decido io. È un lusso che non ha prezzo.

 

Parliamo di app: se non ce l’hai non sei nessuno! Ma un’app risolve sempre tutti i problemi? Quanto incidono realmente nel mobile marketing?

La app è stata spesso considerata una “pianta ornamentale nell’ufficio del direttore generale”. Fa brutto non averla. Ma in realtà, è solo uno dei tanti strumenti possibili – e non necessari – di una strategia di adattamento a un mondo reale che si è mobilizzato. La app ornamentale di solito non risolve un solo problema, se non di chi ha fatto il progetto internamente per ragioni “diplomatiche”. La risposta quindi è “dipende”. Ho momenti critici nel customer journey del nostro cliente, soprattutto nell’uso continuativo, nella fidelizzazione, in alcuni punti di svolta tra soddisfazione e insoddisfazione? Allora serve una app. Il sito replicato in una app è inutile, è appunto ornamentale. E i dati di uso reale stanno lì a dimostrarlo.

Il mobile marketing è cosa molto più complessa e pervasiva di una app. Non è marketing con strumenti del mobile, ma adattare il marketing a un mondo mobile.

 

Almeno qui in Italia c’è voluto un po’ perché ci si abituasse a fare acquisti on line. Come funzionano qui da noi le transazioni da mobile? Hai qualche dato in merito?

Ci sono situazioni molto diverse: le transazioni da mobile sono circa il 30% del totale, ma con molte eccezioni in più o in meno. Grandi brand hanno grandi soddisfazioni da mobile app di vendita. Serve avere un brand trusted 100%, una grande base utenti acquisita, generare push notification rilevanti, un processo di acquisto semplice in due tap. 

Serve soprattutto studiare un funnel in cui mobile e tablet/desktop possono avere ruoli differenti.

 

Il tuo ultimo libro si intitola “Mobile marketing. Nuove relazioni, nuovi clienti”. Mi ha colpito molto quel “nuove relazioni”. Spesso smartphone e tablet vengono accusati di creare muri nei rapporti tra le persone, mentre per le aziende rappresentano il mezzo con cui instaurare e intrattenere relazioni con gli utenti. Puoi darci qualche delucidazione in più su questo aspetto?

Giusta osservazione. Io non credo che gli strumenti possano creare barriere, solo le persone possono farlo 🙂 Ho la sensazione contraria al senso comune, che le persone comunichino molto più di una volta. Magari in modi diversi, magari esagerando nell’essere sempre da qualche altra parte (via smartphone), ma se questa è l’era dell’ipercomunicazione e informazione, un vantaggio c’è: possiamo essere sempre con chi ci interessa di più. Per le aziende è un po’ la stessa cosa. C’è la possibilità di essere molto più rilevanti. Meno intrusivi. Di parlare quasi one-to-one, facendo un patto con i nostri clienti: se tu mi dai i dati, io prometto di darti prodotti migliori, meno pubblicità spazzatura, e di trattarli con garbo.

 

Come vedi il mondo del mobile marketing tra 10 anni?

Un mondo in cui le aziende, le app (o cosa ci sarà) anticiperanno i miei bisogni a seconda dei dati in loro possesso. “Ciao Gianluca, a quest’ora di solito hai un calo di zuccheri, e i tuoi amici dicono che la migliore colazione nel raggio di 5’ di passeggiata è il baretto vicino all’Arno, in cui sono presenti i cornetti alla crema che acquisti quasi sempre”. Un mondo che può essere pauroso o affascinante al tempo stesso. E in cui, dal punto di vista dell’azienda, se non avrai i dati per essere rilevante, sarai completamente escluso dai giochi.

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