Ripulire la reputazione online, quando serve davvero?

Ripulire la reputazione online

Ripulire la reputazione online

 

Oggi vorrei parlarti del lavoro di ripulitura della reputazione sul web. Un’attività che si pensa associata solo alla SEO, ma che in realtà richiede competenze trasversali di cui mi fa piacere provare a riflettere partendo da alcune domande tipiche e dal mio personale punto di vista sul cosa fare, come e soprattutto perché.

 

Caso 1: cattive recensioni

Scrivi il nome della tua azienda su Google e in prima pagina compaiono contenuti che menzionano il tuo brand o te personalmente associandolo a una cattiva esperienza quando non proprio a una truffa dichiarata. Eh no, non ci fai una bella figura. Un contenuto del genere può minare la tua reputazione di professionista, quella della tua struttura ricettiva, del tuo ristorante o di qualunque attività ti occupi. Le cattive recensioni non vanno sottovalutate, perché le persone sono sempre più abituate a cercare conferme su Google prima di prendere una decisione d’acquisto. La conseguenza di una cattiva recensione può essere un calo netto del tuo volume di affari e quindi del fatturato. Male molto male.

 

Caso 2: problemi con la giustizia

I problemi legali sono i casi più difficili. Può capitare che un politico o un imprenditore assurgano agli onori della cronaca per essere indagati o peggio perché sono state emesse misure cautelari a loro carico. Fin quando si parla di chiacchiere da bar prive di fondamento, i giornalisti devono stare molto attenti a quello che scrivono perché la querela è uno strumento legittimo e diffuso tra chi ha giustamente il diritto di difendersi contro le diffamazioni. Se tuttavia c’è la “notizia” dell’arresto, i giornali hanno il sacrosanto diritto (direi il dovere) di darla e la copertura mediatica sarà tanto più forte quanto più grave sarà il fatto di cui si parla e quanto più “in alto” saranno le persone coinvolte.

 

Quanto conta la SEO in questi casi?

Qui pare che i SEO la facciano da padrone. Interessante come il lavoro dell’ottimizzazione per i motori di ricerca stia vivendo proprio in questi giorni una grossa crescita di popolarità a causa di una polemica esplosa negli Stati Uniti sulla presunta manipolazione dei suggerimenti di Google che a detta degli esperti che lavorano per Trump sarebbero pilotati da Google stessa per mostrare solo elementi positivi e instillare nell’opinione pubblica l’idea che Hilary Clinton stia per vincere con ampio margine le elezioni presidenziali americane. C’è chi prendendo le difese di Google lancia la responsabilità di tale manipolazione sul lavoro dei SEO, che produrrebbe questi effetti indipendentemente dalle volontà dell’azienda tecnologica di Mountain View. A questi livelli il condizionale è d’obbligo.

Leggi un approfondimento su questa vicenda

 

Soluzione rapida per risolvere i problemi di reputazione

Nel Caso 1 di cui parlo sopra, quello cioè legato all’esperienza negativa, io suggerisco per prima cosa (se la coscienza è pulita) di cercare un contatto diretto con la persona che ha pubblicato l’articolo per provare ad appianare le cose. Il chiarimento è la via più veloce ed economica per ripulire una serp su Google. 

Nel caso 2, quello cioè dei problemi legali, la soluzione più rapida e indolore è tentare la strada della cancellazione da Google del risultato negativo invocando il diritto all’oblio digitale, che però ti può risolvere il problema soltanto in caso tu possa dimostrare di essere estraneo ai fatti di cui si parla e purtroppo neanche sempre, soprattutto in Italia dove ci sono sentenze controverse e spesso poco condivisibili.

 

Soluzione SEO (e non solo)

Nel caso in cui non ci sia niente da fare rispetto ai suggerimenti forniti nel paragrafo precedente, una strada da seguire passa per la produzione di contenuti ottimizzati per nome e cognome (o per il brandname) del soggetto interessato, con l’obiettivo di promuoverne un’immagine positiva rispetto agli argomenti che tratta. Nello specifico, dovendo fare un lavoro del genere e supponendo di farlo per un’azienda, per prima cosa comprerei più nomi a dominio uguali con estensioni diverse, ché i domini a match esatto (EMD) funzionano benissimo in questi casi. Oltre questo, cercherei di produrre interviste su YouTube e punterei a rendere forti i profili social business oriented come Linkedin, Xing e Viadeo, senza disdegnare (per niente) Facebook e Twitter.

Cercherei di lanciare ponti, costruire strade da e verso altri siti web in topic, proponendo interviste mirate e cercando al contempo di far realizzare articoli esterni ottimizzati per il brandname, da rilanciare nei vari siti web (antichi per certi versi) di social bookmarking.

È forse quest’ultimo l’aspetto che più si separa dalla SEO tradizionalmente intesa per abbracciare le digital PR. Più vado avanti e più mi accorgo che le pubbliche relazioni, in special modo quelle offline, hanno un peso notevole sui meccanismi algoritmici che attribuiscono rilevanza alle pagine web. 

Provare per credere.

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