Ecco perché non faccio e-commerce

Mi hanno suggerito spesso di usare le conoscenze SEO per vendere direttamente prodotti mediante piattaforme e-commerce, magari in dropshipping, oppure di entrare in quota come socio su progetti di commercio elettronico. Le conoscenze che ho in questo campo riguardano strettamente gli aspetti tecnici e strategici. Ne ho seguiti diversi (e per molto tempo), ottenendo anche discreti risultati, ma sempre come consulente esterno e mai affrontandone uno in prima persona, quindi come dire, se per capire una cosa devi saperla fare da zero, allora di e-commerce io non ne capisco.

Qual è l'attitudine giusta?

Qual è l’attitudine giusta?

 

Se oggi ti racconto questa mia storia è per confessarti una certa inettitudine verso la vendita diretta. Il nodo della questione è che (lo ammetto) non so vendere, so solo comprare. Attenzione, il ragionamento che cerco di fare non è tecnico, ma richiede una certa profondità introspettiva, perché riguarda l’indole di ciascuno di noi, quello per cui al di là di tutto siamo portati.

 

I mercatini su facebook

Frequento diversi gruppi di compravendita strumenti musicali tra privati su facebook, più che altro come turista/osservatore e  ogni volta mi sorprendo di come in queste grosse community le persone acquistino con disinvoltura strumenti anche costosissimi, rivenduti da privati. Io confesso di avere già un certo timore quando non acquisto su Amazon, figuriamoci se dovessi comprare su facebook e pagare con postepay un paio di migliaia di euro ad un anonimo batterista che mette in vendita il suo strumento usato. Non dico che si faccia male ad acquistare su questi gruppi, anzi, piuttosto ammiro la capacità che certe persone riescono a maturare nel rendersi credibili al di là di una presenza strutturata e di una strategia di comunicazione di quelle a cui lavoriamo noi “scienziati” dell’internet.

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Perché questo succede. In questi gruppi esistono quelle 10/20 persone che comprano e vendono in continuazione e partecipando più attivamente alla vita delle community diventano credibili, non in quanto utenti esperti, ma in quanto “privati commercianti“. Ecco (in sintesi olografica) l’attitudine dell’imprenditore nel campo del commercio elettronico: non rendersi autorevole come imprenditore/azienda, ma diventare credibile come commerciante. Significa mettere in pratica comportamenti tali da ingenerare l’euristica di tipo “tutti comprano da lui, quindi posso comprare anch’io”.

 

Unconscious marketing

Mentre noi qui ci arrovelliamo per disegnare strategie di comunicazione utili a trasformare sogni in solide realtà, ci sono persone là fuori a cui non interessano né i sogni né le realtà, solo comprare, provare, vendere, ri-comprare, ri-provare e ri-vendere. A volte mi domando come si comporterebbero certi musicisti cinture nere di Mercatino Musicale, se si trovassero a fare gli e-commerce manager di grosse realtà aziendali. Certo, c’è da studiare (e tanto), ma l’indole dello stare per strada, del contrattare, del fare mercato, quella non la puoi studiare, puoi solo maturarla e prima ancora possederla… o forse esserne posseduto.

È il marketing nella sua forma più primitiva e inconsapevole, quello da strada, quello che prescinde dai dogmi di Kotleriana memoria per riscoprire la dimensione più mercatale, convissuta e sociale in senso pieno. Ci si finisce a guardare negli occhi, pur attraverso il filtro telematico digitale, quasi ad annusarsi. Ecco, penso che al di là delle logiche di funnel che imperano sul web marketing consapevole di ciò che fa, chi si occupa di commercio elettronico dovrebbe – quando possibile – abbracciare in senso più olistico e qualitativo le dinamiche di scambio del proprio pubblico di riferimento.

 

Le conseguenze dell’amore

Se è vero che torturando a sufficienza i numeri possiamo ricavare da essi qualunque informazione, un approccio partecipato e più relazionale può a certe condizioni ottenere almeno due effetti potentissimi, il primo è orizzontalizzare e appianare il rapporto tra chi vende e chi acquista, generando fiducia e passaparola, il secondo è ricavare informazioni utili per migliorare il processo di vendita attraverso il sito web. Sì, anche senza torturare i numeri.

Arrivati al dunque ti confesso che sono troppo timido per fare e-commerce. È proprio facendo pagliacciate sul web che cerco di esorcizzare questo mio difetto, ma un conto è comunicare le cose che studio, altra cosa è mercanteggiare in senso pieno.

A me quest’ultima cosa non viene proprio. Tu invece, come stai messo?

 

 

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