Il digital divide e l’usabilità web

Post atipico, in cui prima di tutto mi piace dire che l’espressione “digital divide” intesa come “divario digitale” utilizzata da Nicholas Negroponte e Derrick de Kerckhove per le loro teorie sui nuovi media, in effetti non andrebbe proprio tradotta, perché già così com’è rende benissimo il concetto in italiano: il digital “divide”.

riappropriamoci dello spazio

riappropriamoci dello spazio

 

Non è solo questione di inquadrare il divario tra chi è alfabetizzato alle tecnologie digitali e chi no, cosa comunque importante per leggere le dinamiche di esclusione della società in cui siamo piombati d’un tratto. Il gioco è capire che se da un lato possiamo raggiungere chi è dall’altra parte del mondo, scaricare file alla velocità della fibra e fare acquisti senza uscire di casa, dall’altro tutta questa accelerazione ci ha resi particelle impazzite di un corpus dalle sembianze indefinite, senza volto, senza odore.

Lo sapevi già? Il problema è che la “digitudine” ci segue anche fuori casa, al pub con gli amici, al parco, al supermercato. “Divide” (leggilo in italiano) perché ormai non sappiamo più cosa dire a chi ci troviamo davanti, così preferiamo rifugiarci nell’algido contenitore dei pensieri sparsi, simulacro luminescente di una mente spesso acerba e incapace di coglierne le possibilità, risucchiata nel dominio onirico e anestetizzante di un paio di tette. Grosse.

 

I nuovi non luoghi

Fu Marc Augè a scriverne. I non luoghi della globalizzazione sono le piazze di non incontro, quelle dove ci troviamo fisicamente in tanti, ma che per loro natura non accettano interazione: la fermata dell’autobus, una stazione, un aeroporto, una libreria, un centro commerciale. Tutti luoghi di passaggio in cui ogni giorno decine di migliaia di persone si “non” trovano apposta per “non” interagire. Il problema dei social network è che dovevano essere luoghi di passaggio in cui invece si sarebbe dovuto interagire, invece sono diventati la nostra dimora digitale, coabitata da estranei, spesso persone che non accetteresti mai come coiquiline.

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I nuovi non luoghi sono appunto i siti web, tutti quelli che (incredibilmente) per loro natura non stimolano l’interazione o peggio, credono di farlo, ma sono in tal senso insufficienti. Così come al centro commerciale ci si sfiora senza “toccarsi” mai, allo stesso tempo abbiamo siti e-commerce, giornali online e magazine verticali con migliaia di utenti collegati simultaneamenti, tutti assolutamente inconsapevoli l’uno dell’altro. È questo il grande passaggio da fare per liberarci del grande fratello “facebook”: riscoprire la socialità e l’interazione tra utenti sui siti non social.

 

Verso una nuova coscienza del web

Perché dobbiamo sentirci soli navigando un sito web come Repubblica, che in ogni momento ha 10.000 persone collegate simultaneamente? Perché dobbiamo commentare le notizie di Repubblica su facebook? Soprattutto siamo proprio sicuri di esserci lasciati alle spalle il web definito “1.0” fatto di siti statici e privi della possibilità di interagire? L’altro ieri ho ordinato una seduta ergonomica per via del mal di schiena. L’ho trovata su Amazon, ma il produttore aveva un suo sito web su cui potevo acquistarla per circa 30 euro in meno. Ora ti confesso che per come era fatto il sito del produttore, mi sarei sentito più tranquillo a ordinare il prodotto su Amazon e pagarlo di più. Ti rendi conto?

Un monolite piatto, vecchio di decenni, pieno di prodotti buttati giù a caso, mal descritti e mal trattati. Di contro Amazon viene definito un social commerce proprio perché mentre sei lì vedi chiaramente le tracce lasciate dagli altri utenti, prodotto per prodotto.

E quindi? Dobbiamo riprendere i forum di discussione? Per me no. Non servono nuove piazze orizzontali tematiche, occorre invece rendere orizzontali quelle che non lo sono, come i siti aziendali, gli e-commerce, i giornali. La nuova sfida dell’esperienza di utilizzo è l’interazione contestuale all’acquisto, alla consultazione tematica, alla fruizione di un servizio. Solo così possiamo riappropriarci del digital senza esserne posseduti come avviene oggi.

Posso interagire con gli altri utenti e sapere cosa pensano dell’ultimo Sony Vaio direttamente sul sito dedicato al Vaio? Posso chiedere a un runner cosa pensa delle ultime scarpette da corsa Adidas direttamente sul sito Adidas? Non su di un forum dedicato, proprio sulla pagina che mostra il prodotto, che sia direttamente acquistabile oppure no. Parlo di spostare e contestualizzare le discussioni per riappropriarci degli spazi digitali. Parlo di libertà dal carcere dei soliti due o tre social “qualcosa”.

Che ne pensi? Ha senso per te?

 

One Response

  1. Stefano Caliendo 26/03/2019

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