La Blockchain cambierà la vita di chi guadagna con un blog?

Marco Monaco

Marco Monaco

La questione Blockchain è davvero destinata a cambiare le economie globali? E in che modo? E come impatterà sui mercati dell’internet?

Marco Monaco dirige il blockchain competence center ed è tra le persone più titolate a fare chiarezza su questi argomenti.

 

 

Ciao Marco, ci racconti i tuoi attuali focus lavorativi?

Sono un Director di PwC Italia dove dal 2016 coordino il Competence Center Blockchain. Quale realtà consulenziale, ci occupiamo di supportare i nostri clienti nella comprensione, nella valutazione ed eventualmente nell’adozione della tecnologia Blockchain nell’ambito dei loro processi, sia interni che di business. Inoltre sono un membro del Team dei 30 esperti convocato dal MISE con l’obiettivo di definire la strategia Blockchain per il Paese.

Da buon Ingegnere delle TLC, ho un background molto tecnico e di business ma poco legale/regolamentare. Ci tengo a precisare che quanto detto oggi in questa intervista rappresenta unicamente il mio pensiero personale e non sto parlando a nome dell’azienda che rappresento o del team di esperti del MISE.

 

Perché la catena dei blocchi è vista come il futuro delle transazioni?

Per questioni storiche, le operazioni di trade successive all’epoca del baratto sono state facilitate da un cosiddetto medium of exchange: un qualsiasi strumento fisico utilizzato per adempiere ad obbligazioni finanziarie all’interno di comunità più o meno vasta su cui sia raggiunto un consenso comune relativamente al valore da esso rappresentato. Nella storia abbiamo visto diverse tipologie di medium of exchange: conchiglie, monete, metalli preziosi, banconote, ecc. La presenza di un medium of exchange ha quindi facilitato i trade nell’ambito della stessa comunità. La società, tuttavia, evolve: le distanze si riducono ed i trade tra diverse comunità iniziano ad avere maggiore importanza. L’avvento del digitale ha estremizzato il concetto: oggi possiamo acquistare prodotti al dettaglio dall’altra parte del mondo, in valute diverse dalla nostra. L’evoluzione della società ha obbligatoriamente richiesto la nascita di enti centrali, più o meno complessi e più o meno stratificati per permettere la facilitazione dei trade. I medium of exchange precedenti non sono più stati sufficienti: immagina di dover inviare contante per posta al tuo merchant Amazon in Brasile per acquistare un prodotto online: non avrebbe mai funzionato. Lo sviluppo e la proliferazione degli intermediari hanno permesso di abbattere queste barriere, ma hanno creato delle nuove istituzioni finanziarie imprescindibili per il funzionamento della società nel contesto attuale.

Nel digitale non posso inviare soldi elettronici dall’altra parte del mondo. Tutto ciò che è digitale è replicabile, potrei copia/incollare la stringa di 1 e 0 che rappresenta 10€ ed inviarla infinite volte a chiunque. Questo concetto è definito double spend. Ho quindi bisogno di un attore centrale (la Banca) che tenga traccia su un proprio ledger interno dei movimenti da me istruiti per evitare la possibilità di effettuare double spend. Questa evoluzione della società ha portato alla nascita di un nuovo tipo di medium of exchange necessario alla facilitazione delle transazioni: la moneta elettronica. Tuttavia, la presenza obbligatoria di una terza parte (la Banca) per facilitare i trade, a volte introduce complessità in termini di operatività e di costi. Se si va a guardare nel dettaglio dei processi attuali, il pagamento elettronico è altamente costoso ed insicuro: esiste una catena sufficientemente lunga di attori che intervengono, ciascuno con i propri costi e le proprie revenues, soprattutto quando si parla di pagamento cross-border in diversa valuta. In altre parole, se parliamo della società nel pre-digitale, le transazioni erano regolate con operazioni peer-to-peer: se pago in contanti o con monete, non ho bisogno di una banca che faccia da intermediario. Se oggi pago online faccio sempre riferimento ad una terza parte. La Blockchain sovverte questo concetto introducendo la possibilità di poter gestire una transazione attraverso un medium of exchange puramente digitale senza bisogno di terze parti che possano facilitare il trade. Si tratta del cambio di paradigma che accomoda l’evoluzione della società in un contesto puramente digitale senza prevedere alcuna forzatura quale l’utilizzo obbligatorio di una terza parte per far funzionare il tutto. In realtà, la terza parte è ancora presente. Tuttavia questa non è più un singolo attore, ma una rete decentralizzata di nodi distribuiti in tutto il mondo che ne fanno le veci.

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Con una Blockchain sono sempre costretto a pagare le ‘commissioni’ per facilitare i trade, ma con la grande differenza che non ho una terza parte singola in cui riporre tutta la mia fiducia sul fatto che onorerà il trade a nome mio e che questa non mi possa censurare per motivi arbitrari e tagliarmi fuori dal sistema. Con la Blockchain possiamo, per la prima volta nella storia, operare transazioni in un contesto puramente digitale senza doverci fidare di una terza parte, con tutte le caratteristiche (sia positive che negative) del denaro contante.

 

Quante Blockchain diverse esistono?

Il concetto stesso di Blockchain, che nasce nel contesto delle transazioni di pagamento, può essere applicato a diversi altri contesti: la Blockchain traccia un asset digitale univoco a cui una comunità assegna uno specifico valore. Ad esempio Bitcoin traccia un asset a cui è dato un valore economico e quindi può essere usato per regolare i pagamenti, tuttavia esistono diverse Blockchain che possono gestire altre tipologie di asset per rappresentare ad esempio opere d’arte digitali, identità, quote societarie, ecc. Successivamente, sono state introdotte alcune Blockchain “programmabili”, ad esempio Ethereum, che permettono di definire, attraverso smart contract, nuovi token (sintetici) rappresentanti asset, sfruttando una singola “infrastruttura” (network) Blockchain.

In alcuni casi questi asset sono legati ad elementi immateriali o puramente digitali su cui effettivamente uno smart contract può fare enforcing di logiche di business predefinite e precondivise tra i partecipanti (ed avere dunque un senso), ma in altri casi si prova a legarli ad oggetti appartenenti al mondo fisico. In entrambi i casi, ma prevalentemente nel secondo caso, si pone il problema del digital twin: assegnare ad un oggetto fisico (o a volte immateriale ma non auto-consistente su una Blockchain) il suo equivalente asset digitale tracciato nel ledger della Blockchain. Questi casi sono molto discussi/discutibili, in quanto spesso il digital twin è un problema non facilmente superabile, o quanto meno un problema che non può essere risolto unicamente con la Blockchain. Per chiarire con un esempio pensiamo ad un chicco d’uva o un pollo tracciato lungo la sua filiera su una Blockchain. Osservando il registro distribuito potrei sapere l’intera storia del pollo, dalla nascita alla trasformazione fino alla vendita al supermercato. Il problema è che non ho modo di capire se il digital twin che osservo in Blockchain è realmente associato al pollo che ho acquistato. Questo perché non ho modo di identificare univocamente un pollo a meno che non vada a fare complesse analisi sul DNA, che esulano completamente dalla tecnologia Blockchain. Il problema del digital twin mette in crisi tutte quelle sperimentazioni che si occupano di tracciare le filiere del food e, non è nemmeno l’unica criticità: uno smart contract che gestisce le logiche di aggiornamento del ledger non può fare enforcing al di fuori di una Blockchain. Lo smart contract a valle di una transazione definisce che il pollo deve essere trasferito all’utente finale, ma nel mondo reale questa azione deve essere eseguita da qualcuno (gli utenti stessi o intermediari). In questi casi lo Smart Contract non può fare enforcing diretto, quindi il suo reale beneficio è praticamente annullato e lo stesso risultato potrebbe essere raggiunto con un normale software centralizzato (eventualmente di una terza parte) che istruisce gli attori su come procedere con il regolamento della transazione. Inoltre, cosa succede se c’è una disputa tra gli utenti partecipanti alla transazione? Può intervenire un giudice per far valere il risultato della Blockchain (cosiddetto approccio code-is-law), oppure vale la legge attuale e la Blockchain è utilizzata solo come elemento probatorio?

Tutti questi interrogativi, o almeno la maggior parte di essi, non si pongono nel caso in cui l’asset è puramente digitale e vive unicamente all’interno della Blockchain (è auto-consistente, come 1 bitcoin): lo smart contract diventa effettivamente “arbitro” o “giudice” della transazione ed anche “esecutore materiale” occupandosi di regolare lo scambio (ciò che molti colleghi legali definiscono ‘automazione’ o ‘auto-esecuzione’ introdotta da questo tipo di contratti, ben diverso dal medesimo concetto affrontato sul piano tecnologico). Infine è molto importante chiarire che una Blockchain non certifica in alcun modo la qualità di un dato, ma unicamente (in alcuni tipi di Blockhcain) l’esistenza dell’informazione nel tempo. Se sono un allevatore di polli, il fatto che scriva in una Blockchain che il pollo è cresciuto in spazi aperti non offre alcuna garanzia sulla veridicità del dato.

Tornando in tema, più in generale una Blockchain è un protocollo comune (ovvero una serie di regole) implementato in un software, prevalentemente open source. Come tale, il codice può essere clonato e modificato per generare un nuovo client con qualche feature differente e creare quindi una nuova Blockchain. La tassonomia delle Blockchain prevede principalmente 2 categorie: abbiamo Blockchain Permissionless e Blockchain Permissioned. Le prime sono reti pubbliche alla quale è possibile connettersi e partecipare alla validazione delle transazioni (ricerca del consenso) senza richiedere permesso a qualche entità centrale, anche in maniera del tutto anonima. Le seconde, invece, prevedono un attore, chiamato gatekeeper, che si occupa del governo, dell’identificazione e dell’autorizzazione di ciascun partecipante che è interessato ad entrare nella rete, in alcuni casi anche per partecipare alle sole transazioni, in altri solo se il partecipante è interessato a diventare un validatore della rete (e partecipare alla formazione del consenso). La ragione dell’esistenza delle seconde è dovuta al fatto che creare una Blockchain Permissionless sufficientemente sicura, richiede un notevole sforzo in termini di espansione della rete stessa. Maggiore sarà il numero di ‘nodi’ partecipanti, maggiore sarà il contributo di ciascuno di essi a mettere in sicurezza la rete, maggiore sarà il disincentivo economico ad attaccarla. Per creare una Blockchain sicura quanto quella di Bitcoin sono necessari investimenti quantificabili in diverse centinaia di milioni di dollari distribuiti tra diverse migliaia di attori che operano attrezzature specifiche dedicate alla validazione delle transazioni. Si stanno iniziando a diffondere alternative basate su altri algoritmi di consenso (Proof-of-stake) che tuttavia sulla carta presentano problemi di sicurezza irrisolti e che nel pratico (es. Tezos) non hanno raggiunto ancora valori economici elevati tali da giustificare attacchi al protocollo stesso. Quindi se un consorzio di aziende è interessato a creare una propria Blockchain che implementi le proprie regole, diverse da quelle già esistenti, ha due scelte: creare una Blockchain Permissionless con investimenti iniziali proibitivi, oppure optare per una Blockchain Permissioned dove il modello di sicurezza non è basato su un consenso decentralizzato, ma ristretto ad un numero di partecipanti (tra 15 e 20) ben identificati e censiti dal gestore centrale (gatekeeper). In questo modo, fino a che i partecipanti al consenso sono censiti e gestibili, se anche uno solo di loro si comporta in modo malevolo con il fine di attaccare la rete, risulta immediatamente identificabile dal gatekeeper che può precedere con l’espulsione del nodo per consentire la corretta operatività dei restanti attori. Le Blockchain Permissioned sembrano eliminare qualsiasi senso dalla proposition iniziale della Blockchain: torna nuovamente l’elemento trusted (il gatekeeper o in generale la federazione di attori noti tra loro che partecipa al raggiungimento del consenso) che è in grado di censurare singoli partecipanti o transazioni, proprio come la Banca di cui parlavamo prima. Tuttavia, in alcuni contesti, i processi sono talmente stratificati ed intermediati che gli stessi intermediari attuali possono utilizzare una Blockchain per disintermediare a loro volta i loro processi. Volendo riassumere tutti i concetti, non è possibile valutare il numero di Blockchain esistenti: se si parla di Blockchain Permissionless si parla di ecosistemi e quindi di reti di nodi. Oggi se ne contano diverse migliaia. Alcune (es. Ethereum) ospitano diverse migliaia di token su una singola rete. Esistono poi una decina di tecnologie per permettere la creazione di reti Blockchain Permissioned, ma le reali istanze sono decisamente di più. Per fare un parallelo con una tecnologia più diffusa è come se volessimo valutare il numero di Intranet che esistono sulla terra oggi: una Intranet è come un’istanza di una particolare tecnologia Blockchain Permissioned (Corda, Fabric, Enterprise Ethereum, Multichain, ecc). Non c’è modo di valutare quante Intranet esistono. La cosa importante è che hanno uno scope relativamente piccolo e definito.

 

Esisterà una fase di transizione massiva verso nuove forme di valuta?

Come già detto prima, la valuta è un qualcosa in continua evoluzione. Nel 10000AC venivano usate conchiglie per rappresentare una valuta, poi monete metalliche, poi banconote rappresentanti l’equivalente di oro detenuto da uno stato, infine, più recentemente, rappresentano (in maniera cartacea o elettronica) un titolo fiduciario nei confronti di una banca centrale. Non è pensabile che questa evoluzione possa arrestarsi proprio ora che viviamo un momento storico di grandissimi cambiamenti dati dal superamento dei confini grazie alla nascita di Internet e dove le grandi corporation, soprattutto nel mondo tech, stanno superando il tradizionale concetto di Stato Sovrano. Anzi, proprio perché l’umanità è cambiata radicalmente negli ultimi 20 anni, mentre il mondo finanziario (e più nello specifico quello delle valute) si regge su un sistema che è stato pensato oltre 70 anni fa, non si può non credere che nascerà una nuova forma di valuta tale da accomodare questa evoluzione. Saranno le Central Bank Digital Currencies (cryptocurrencies emesse da banche centrali)? Saranno le cryptocurrencies (una o più in competizione tra loro)? Saranno le Corporate Money (ad esempio Facebook con l’iniziativa Libra)? Non ci è dato saperlo. Credo che vincerà chi arriverà per primo ad accomodare i cambiamenti richiesti dalla società odierna. Personalmente credo che le Corporate Money hanno ottime chances di vittoria contro le Central Bank Digital Currencies (a causa della limitatezza territoriale delle stesse) ma che comunque le cryptocurrencies manterranno una parte significativa del mercato in quanto la vera value proposition delle migliori di loro (incensurabilità, irreversibilità, politica monetaria algoritmica) sarà sempre richiesta, probabilmente a rotazione, in qualche parte del mondo.

Oggi Libra potrebbe difficilmente offrire servizi in Iran, anni fa lo stesso problema sarebbe esistito a Cuba; Venezuelani e prima ancora Kenyoti avrebbero potuto tutelare i propri risparmi da politiche monetarie scellerate; individui singolarmente oppressi, politicamente o socialmente (penso ad Edward Snowden o Julian Assange), non potranno farne a meno. Tutti questi casi, da sempre esistiti nel passato e che sicuramente interesseranno altre zone del mondo nel futuro, rappresentano il motivo per cui la value proposition delle cryptocurrencies è molto concreta e questo, secondo me, ne assicura un posto fisso (sebbene probabilmente lontano dalla mass-adoption) nel nostro futuro.

 

La blockchain cambierà la vita di chi guadagna con un blog?

Dipende molto da come evolveranno le cose. Probabilmente la Blockchain porterà due diversi impatti a chi guadagna con un blog: uno molto semplice (un quick-win) è quello di poter dimostrare l’esistenza di un contenuto informativo nel tempo (ma non la sua correttezza). Se gestissi un blog con contenuti creativi da me prodotti, ci terrei a ‘notarizzarli’ per dimostrare di averli creati prima di altri “copia/incollatori”. Con la Blockchain (ad esempio quella di Bitcoin) posso fare questa operazione in maniera gratuita e renderla persino automatica. Certo questo è un impatto veramente banale ma sulla lunga può creare vantaggi in termini di trasparenza e reputazione. L’impatto maggiore, tuttavia, potrà essere dato dalla possibilità di effettuare micro-pagamenti che oggi non sono fattibili con il sistema finanziario attuale. Pensate ad esempio di poter ricevere dai vostri utenti 0.001EUR senza dover pagare commissioni. Esistono già diversi simil-blog (yalls.org) che implementano paywall basati su micro-pagamenti Bitcoin (che eliminano i costi di transazione grazie ad una specifica tecnologia sperimentale chiamata Lightning Network) in modo da dare ai lettori la possibilità di scegliere se vedere la versione ad-free e pagare un millesimo di euro oppure usufruire della versione gratuita visualizzando banner pubblicitari e pop-up di varia natura. Oggi esistono già i paywall, ma la loro adozione non è stata favorita dal sistema attuale a causa degli elevati costi di transazione. Oggi i paywall si basano sul concetto di prepagato: carico 10€ sul conto del sito xyz ed ogni volta che visualizzo un articolo pago 1 millesimo di euro. Il problema di questo approccio è la friction che induce: l’utente dovrebbe avere un abbonamento prepagato al sito xyz, un diverso credito presso il blog xxx, ecc. Questo approccio non scala. Se invece si pensa ad una currency unica, come l’euro, in grado di poter essere scambiata istantaneamente e quasi gratuitamente per microscopiche quantità (value proposition di Lightning Network), si può pensare ad un modello in cui l’utente carica l’equivalente di 10€ sul wallet integrato nel proprio browser e li usa contemporaneamente su tutti i servizi informativi che adottano lo standard del paywall, magari anche in forma automatica senza chiedere conferme, senza dover sottoscrivere alcun abbonamento e senza nemmeno dover effettuare un processo di registrazione. Sembra futuro remoto, ma si stanno già ponendo le basi in termini di standard tecnologici per farlo. Il micro-pagamento stesso potrebbe sovvertire l’attuale modello di business di Internet basato sull’advertising: gli utenti che scelgono di non visualizzare gli ads (e quindi di non essere tracciati e profilati fino alle informazioni più intime dalle multinazionali tipo Google/Facebook) micro-pagano direttamente i servizi o i contenuti. Questi utenti da “prodotti” si trasformano in “clienti” ed i content creators possono concentrarsi sul processo creativo, eliminando alla radice cattive abitudini quali i clickbaiting.

 

Ci saranno cambiamenti per quanto riguarda il commercio elettronico?

L’unico cambiamento che posso immaginare sul commercio elettronico è dato dalla possibilità di poter effettuare degli scambi in maniera ‘anonima’, ereditando l’esperienza già testata sul darkweb per i marketplace di materiale illegale e spostando il concetto nel mondo della legalità. Per me sarebbe un grande vantaggio poter comprare un oggetto o un software su internet senza dover cedere obbligatoriamente i miei dati personali. Le cryptocurrencies sono perfette per lo scopo: essendo i pagamenti irreversibili, i merchant non hanno necessità di richiedere ogni tipo di informazione ai clienti. Oggi, invece, è d’obbligo passare per la “registrazione” in quanto con i sistemi attuali si possono effettuare pagamenti con carte clonate che danno vita a chargeback a danno dei commercianti stessi.

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