L’ecommerce nello scenario della pandemia

Giulio Cupini

Giulio Cupini

Il primo semestre del 2020 ha visto grossi cambiamenti occorrere nel modo dell’ecommerce per motivi noti a tutti. Ho chiesto a Giulio Cupini un commento a caldo sulle trasformazioni che stiamo vivendo, soprattutto in relazione alle realtà più in difficoltà per via di volumi di affari troppo bassi o paradossalmente troppo alti.

Giulio mette particolare attenzione al brand e alla concretezza nel marketing, dichiarandosi nettamente contrario alle azioni che definisce “epiche” in quanto fini a se stesse.

 

Ciao Giulio, ci racconti i tuoi attuali focus lavorativi?

Ciao Francesco, attualmente ci stiamo concentrando su due asset. Da una parte il brand Ad Maiora resta un’agenzia digital con un core business molto legato alla SEO e al social, mentre Deliverti è l’agenzia con cui curiamo i processi di ecommerce in full outsourcing, dal magazzino fino alle attività di post sales.

 

In base alla tua esperienza nell’ecommerce, quali segmenti sono ancora in sofferenza?

In generale soffre chi non ha una strategia di integrazione dei processi. Vedere il canale ecommerce come un nuovo touchpoint slegato dal resto del business lo fa nascere come un canale perdente in partenza. Integrazione con il retail, le strategie di comunicazione on e offline, cosi come una politica di prezzi ragionata, è quello che fa la differenza. Detto questo, a livello industriale, soffrono di più gli ecommerce di servizi, come ovviamente quelli legati al turismo.

 

Quali invece si sono avvantaggiati subito dell’emergenza covid?

Tutta la filiera distributiva GDO se ne è avvantaggiata, ma sopratutto i grandi produttori hanno riscoperto l’opportunità, anche per motivi di branding, di avere un ecommerce proprietario che non sia solo una presenza in marketplace su Amazon.

 

La crisi ha colpito solo i piccoli ecommerce o anche quelli grandi?

La crisi ha colpito chi non godeva di una fiducia di mercato. Le attività SEO su keyword di valore, un presidio di brand reputation, una buona e trasparente attività di Customer Care, sono punti di riferimento che hanno sostenuto durante la crisi sia i grandi che i piccoli. C’è poi chi invece è entrato in sofferenza perché lato logistica non era preparato ad un aumento dei volumi, ma questo è un discorso di aumento infrastrutturale che sarà affrontato nei prossimi mesi.

 

Hai visto strategie di marketing particolari negli ultimi due mesi?

Oltre ad una personale antipatia per tutta l’epica nell’advertising, che trovo inutile e anzi particolarmente dannosa perché appiattisce la brand value nei confronti del consumatore, il miglior marketing degli ultimi mesi è stato l’efficacia. Mi è piaciuto molto come si è mossa ad esempio P&G comunicando solidità, distribuzione attiva, e investendo puramente nel tranquillizzare la filiera. Prese di posizione come questa le trovo molto concrete e realmente efficaci come punti di vendita.

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Ci lasci un suggerimento generale per rilanciare un commerce in questo momento?

Una user experience pensata per il tuo target, non puoi fare un sito allo stesso modo se vendi shampoo o se vendi cellulari. Una integrazione con i processi amministrativi e distributivi solida, e un buon partner d’agenzia per fare tesoro anche di esperienze multi settore che difficilmente solo in house potrebbero essere accessibili. A livello aziendale oggi fare un buon ecommerce significa fare buone politiche di vendita, dunque chi lo affronta vedendo solo gli aspetti tecnici vede solo parzialmente la complessità e le possibilità che gli si pongono di fronte.

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