Dillo con parole tue

Oggi ti confiderò un segreto terribile.

Crediamo di essere liberi di dire o pensare quello che ci pare, ma in realtà siamo schiavi della lingua che parliamo, del contesto in cui viviamo, dei suoi slang, delle sue scorciatoie cognitive. Crediamo che i nostri pensieri ci appartengano, ma senza rendercene conto ci facciamo portavoce di un sistema che ha i contorni dello “Stato” Italia. Il termine Stato non è astratto, ma indica molto concretamente il participio passato del verbo essere. Lo Stato è dunque qualcosa che ha valore perché esiste da molto più tempo di te e continuerà ad esistere dopo che te ne sarai andato. Forse la verità è che lo Stato vive proprio di te, delle tue parole, dei tuoi pensieri, o meglio, di quelli che ti fa credere essere i tuoi pensieri e le tue parole.

Tu permetti allo Stato e – ingrandendo il cerchio – alla tua civiltà occidentale, di esistere attraverso le tue azioni. Ciascuno di noi è un funzionario della comunità, della civiltà e infine della specie a cui appartiene. Puoi essere provax o novax e in ogni caso le motivazioni con le quali difenderai il tuo “partito” non saranno farina del tuo sacco, ma frasi sentite da altri, che a loro volta le avranno sentite da altri ancora e così via.

Questo ci insegna due cose, la prima è che non sei libero o schiavo a seconda della tua posizione politica su questa o su quella cosa, la seconda è che in un mondo fatto di posizioni giuste e ingiuste l’unico modo per essere veri e smettere di scegliere.

Quando vai dal fruttivendolo, puoi comprare mele, pere, oppure ortaggi, magari una bottiglia di vino sfuso se c’è, ma non puoi chiedergli di ripararti la motocicletta perché nessuno lo farebbe. Chiedere al fruttivendolo di ripararti la moto è da pazzi e tu non sei pazzo, giusto? O per lo meno, non vorresti mai che ci si facesse idee strane su certi pensieri che a volte ti capita di fare, ma che puntualmente nascondi dietro comportamenti più rassicuranti e socialmente accettabili.

Tutti sanno che non c’è lavoro, perché oggi come oggi se non prendi una laurea e due master cosa credi di fare? E le tasse, lo sanno tutti che sono troppo alte no? E gli attori di Hollywood, caspita che bella vita che fanno, magari passarsela così…

E il covid, e la scuola, e i figli, e i colleghi arrivisti e quella cosa che ti andrebbe di scrivere sul blog, ma che è meglio lasciar stare?

Le espressioni tutti sanno che, oggi come oggi, oggigiorno, ovviamente e così via, ti piacciono e le usi perché ti fanno sentire la terra sotto i piedi e anche gli altri si rasserenano quando inizi una frase con “oggi come oggi”, anche se tutti nella stanza sentono che queste forme idiomatiche non significano niente. La razionalità, in quanto categoria del pensiero inventata da Platone, serve a grandi linee a fare in modo che non ti scappi di chiedere al fruttivendolo come riparare la moto.

E in questo passaggio che si perde quanto di più prezioso ci è dato in dono: il miracolo dell’immaginazione. Se due più due può fare solo quattro, allora la realtà scorre su binari certamente comodi, dai quali però non si può uscire. Ma se posso anche solo pensare di chiedere al fruttivendolo di ripararmi la moto, allora il mondo mi si apre carico di possibilità nuove, perché magari quel fruttivendolo non lo sa fare, ma ha un fratello che invece se ne intende. Se due più due non fa solo quattro, posso esplorare i confini del linguaggio e costruire con esso  – e con i parlanti – relazioni nuove e più aperte, scovare nuove opportunità, espandere la socialità fino a rompere quei cliché che definiscono impietosamente lo spazio destinato a ciascuno.

E se ti chiedono di scegliere tra destra e sinistra, tu vai avanti o indietro.

E se ti dicono di scegliere da che parte stare, tu non stare da nessuna parte, crea una parte nuova, un partito personale e schierati da quella parte. Compiendo questo piccolo passo vedrai il mondo allargarsi a dismisura e le tue possibilità di scelta espandersi al di là di ogni limite. Quello lì è il deserto di cui parlava Mosè, il nulla di cui scrive Nietzsche, un “nulla” che non è “niente”, ma è una tabula rasa, su cui scrivere qualcosa di nuovo, qualcosa di vero, non come quelle menate che ripeti a pappagallo spacciandole per pensieri tuoi.

L’orizzonte è una linea verso la quale puoi camminare all’infinito. Tu ti sposti in avanti e anche l’orizzonte si sposta.

L’orizzonte serve a camminare.

 

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