Perché facebook funziona così bene in Italia

I nuovi social nascono di continuo, ma nonostante il clamore che alcuni di essi riescono a generare, finiscono quasi sempre in una bolla di sapone. Ad esempio, ricordi ClubHouse? Il social esplose all’inizio del 2021 dando a tutti la possibilità di confrontarsi su qualunque tema rigorosamente attraverso la voce. Niente video, niente testo e niente immagini in grafica, solo la voce nel contesto chiuso di una stanza di discussione tematica.

perché facebook funziona bene in Italia

perché facebook funziona bene in Italia

Al solito, gli haters irriducibili di facebook salutarono ClubHouse come la novità che avrebbe tirato la spallata finale al social di Zuckerberg, del tipo che ormai se continuavi a trattare certi temi (tipo la SEO) su facebook eri l’ultimo degli ultimi. Ok, a distanza di un anno Riccardo Luna fa notare che ClubHouse viene utilizzato praticamente solo in Russia per tenere insieme e portare avanti le opinioni più “nascoste” circa il regime di Putin. Importante, ma non propriamente mainstream.

Intanto fra crolli in borsa, malfunzionamenti tecnici, problematiche legate al controllo delle fake news o alla pubblicazione di contenuti espliciti e soprattutto difficoltà date dal dover inseguire modelli di business che si spostano di continuo, facebook rimane ancora il punto di riferimento per l’italiano medio, quello sopra i 30 anni, ché del resto quanti italiani saranno rimasti ormai sotto la trentina? (Vabbè, questa me la potevo risparmiare…)

 

L’italiano medio e facebook, una storia d’amore

Quando dico italiano medio, non devi pensare al film di Maccio Capatonda, anche perché se stai leggendo questo articolo, l’italiano medio sei tu. L’italiano medio a cui faccio riferimento, puoi figurartelo come spesso ti immagini Google: un tizio pronto a prendersi qualunque tipo di informazione purché sia recente, impossibilitato per forza di cose ad approfondire, un po’ come un musicista elettronico che invece di studiare per bene i manuali dei sintetizzatori che già possiede, preferisce comprarne di nuovi che comunque non saprà usare. In questo scenario vincono sempre le fonti più autorevoli, quelle che hanno già i numeri e che (pertanto) contano. Vincono i siti web che conoscevi già, vince Google, vince facebook. Tutto facile.

Lo scorso primo di aprile ho condiviso nel gruppo dei fatti di SEO un articolo sui 10 peggiori SEO italiani. Condivido lo stesso articolo ogni anno dal 2013 e ogni volta fa un botto di traffico e interazioni, come se fosse la prima volta. Sì, qualcuno se ne ricorda, ma forse 5 o 10 persone in tutto. Ora se consideri che publico l’articolo sempre nello stesso gruppo che è per l’appunto una community tematica, posso spingermi a fare due affermazioni:

  1. le stesse persone non ricordano un contenuto condiviso allo stesso modo per 8 anni di fila;
  2. ogni anno il contenuto viene in realtà fruito da persone diverse.

Nella prima ipotesi siamo banalmente da ricovero, nella seconda ipotizzo che facebook da questo punto di vista funzioni come Google su logiche di flusso. Quello che è nuovo diventa vecchio, per cui a meno che non ci sia un interesse costante nel tempo, sia facebook che (per certi versi) Google tenderanno a non farti più vedere una certa risorsa, ma altre, magari peggiori qualitativamente, però più fresche. Ciò consente a tutti di godere del famoso quarto d’ora di celebrità, ma allo stesso tempo ci condanna ad un mondo in cui non è detto che il nuovo sia migliore del vecchio.

Io li capisco quelli che osteggiano facebook, anche se in sostanza ci si lamenta di un grosso carnevale che abbiamo tutti contribuito ad alimentare, quindi in definitiva abbiamo sempre e solo ciò che ci meritiamo. E non dovremo neanche commettere l’errore di pensare che invece noi siamo diversi dalla massa di stupidi che popola l’internet, perché siamo tutti vittime degli stessi meccanismi di semplificazione che generano euristiche. Facebook ci chiede a cosa stiamo pensando, ci invita ad essere allenatori di calcio, sbirri, brigatisti, cospirazionisti, perbenisti, pacifisti e guerrafondai. E ogni volta che accettiamo di stare al gioco, facebook si (e ci) ritara, stimolandoci con impulsi nuovi, in un flusso di contenuti sconfinato come è sconfinato il bisogno che abbiamo di dire la nostra su tutto. E gli italiani sono un po’ così, ecco perché da noi facebook funziona bene.

 

Come rendere l’internet un posto migliore

Basterebbe appassionarsi un po’ di più alle cose e cercare di essere un po’ meno superficiali, tutti. Significherebbe capire che su certi argomenti sarebbe meglio tacere, perché se è vero si può avere un’opinione su tutto, non è sempre il caso renderla pubblica. In questo modo costringeremmo davvero facebook (e anche Google da parte sua) a fornirci i contenuti più significativi rispetto ai nostri interessi. Del resto come possiamo aspettarci che facebook faccia bene questo lavoro se nemmeno noi sappiamo cosa ci interessa veramente?

Ancora una volta dunque l’invito è guardare dentro di noi per cambiare il mondo fuori di noi.

Innamorati.

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